Appunti di vita: ogni volta che mi accade di essere felice

È finita un’altra settimana nel mondo dei colletti bianchi e blu, dove a scandire il tempo è il weekend all’antica, quello tradizionale che cascasse il mondo il sabato e la domenica sono giorni di riposo sacrosanto.

Per tanto tempo l’ho inseguito come un miraggio, il mito del fine settimana: quando lavoravo su turni e non era certo stare a casa neanche il giorno di Natale.
Poi tutto è cambiato perché, come dicevamo settimana scorsa, la vita è fluida e si modifica in un battibaleno. E adesso che quel santissimo weekend ho la fortuna di viverlo come una festa lo attendo con gioia, sì, ma non ne faccio una malattia; nel senso che cerco un po’ di bello anche negli altri giorni della settimana, e non mi limito a vivere in attesa di sabato e domenica, un comprensibile malanno che attanaglia in tanti.

E quindi ecco cosa mi è capitato di bello in questa prima settimana d’autunno in cui l’autunno sembra arrivato davvero (spoiler).

Cose belle che capitano, settimana dal 6 al 12 ottobre

Ma che, finalmente è arrivato l’autunno per davvero?! Evviva! Il caldo non lo sopportavo più. Avevo voglia del cambio di stagione, un desiderio fortissimo, per quanto ammetta che apprezzavo la rapidità con cui continuavano ad asciugarsi i panni.
In fondo sono un po’ come Hannah, il personaggio di The O.C. che veniva da Pittsburgh e a un certo punto della serie dice che no, lei in California non ci può stare perché le manca il susseguirsi lento delle stagioni, e allora esce di scena e tanti saluti a Hannah di Pittsburgh. Ecco, così.
In effetti iniziavo anche io a prendere in considerazione l’idea di trasferirmi più a nord, che so, a Parigi o forse a Dublino – che almeno parlo la lingua.

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L’ecografia morfologica ci ha confermato che tra pochi mesi la nostra casa si tingerà di… Rullo di tamburi… Rosa, questa volta! Che ve lo dico a fare, dopo tanti anni immersa in tristi vestiti per maschietto ho già iniziato a fare uno shopping folle che ci porterà presto alla bancarotta ma, capitemi, tra gli abiti da bimbo e quelli da bimba c’è un abisso che mi vilipendeva da  quasi 5 anni.
Comunque, al di là dei nostri imminenti problemi finanziari e delle quisquilie modaiole, un grande evviva!

Leonardo è un amore come (quasi) sempre, e mentre vagavamo per l’Ikea in cerca di idee per la cameretta da rifare – al momento abbiamo ancora la nursery di Leo riadatta per il bimbo che cresce (ergo il lettino a sbarre è stato sostituito con uno più grande) – si è fermato felice in mezzo al percorso consigliato, nel flusso implacabile dei clienti del sabato pomeriggio, urlando davanti a una culla “Guardate! La possiamo comprare per la nostra bambina!”. Amore. Si è addolcita pure la folla inferocita dall’ingorgo.

Ho provato alcune ricette nuove e mediamente salutari (esami del sangue in vista, e il cielo sa quanto voglia evitare il mostruoso esame per il diabete gestazionale): alcune le ho trovate online, altre le ho inventate mescolando spunti trovati qua e là con il mio gusto. Uno su tutti lo spezzatino di tofu e verdure al curry, figlio di una sera in cui mi sentivo gastronomicamente etnicheggiante.
Magari vi metto la ricetta, se alla seconda preparazione mi sembra ancora accettabilmente buono (la prima prova, si sa, è falsata dall’entusiasmo).

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Mi sono lasciata sommergere dalle coccole sul divano, dimenticando per un po’ tutto quello che c’era da fare, stretti in un abbraccio a tre con il cane, geloso per essere stato escluso, che ci leccava il naso un po’ per uno non fa male a nessuno.
Mi sono coccolata da me, con un bagno bollente con la schiuma, una tazza di latte e miele e un sacco di biscotti, in barba agli esami del sangue prossimi e venturi.

Ho riacceso le candele, la mia preferita al momento è un moncherino di Yankee Candle sopravvissuto all’inverno 2018, Cinnamon Stick, in attesa di trovare una nuova fragranza per il 2019.

Ho ricomprato, tra sensi di colpa e lacrime di coccodrillo, il mio struccante preferito. È Take the day off della Clinique, e in effetti ti leva tutta la stanchezza e il trucco della giornata dagli occhi e le guance con un solo gesto delicato. Io l’adoro.
Anche questo, in fondo, rientra nelle coccole.

Ah, e ho iniziato un nuovo libro. Però quello, se mi piace, ancora non lo so.

 

5 accessori indispensabili per portare a passeggio il tuo cane

Solo chi accudisce (o ha accudito) quotidianamente un cane può capire appieno quanto questi pelosi amici a 4 zampe siano veri e propri membri della famiglia, capaci di dare amore incondizionato in cambio di poche (ok, forse non proprio poche – ma certo piacevoli e ben ripagate) attenzioni.

Il nostro cane, una meticcia di taglia medio/piccola (siamo sui 13 chili) ci segue quasi ovunque, dalle vacanze al mare alle serate in pizzeria, e nei week-end di bel tempo in più o meno lunghe passeggiate nella natura.

Che si vada nel bosco per castagne o a fare un giro per negozi in centro, comunque, porto sempre con me questi 5 accessori indispensabili per portare un cane a spasso.

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Playlist d’autunno: le mie canzoni per un pomeriggio di pioggia

Creare playlist è da sempre un passatempo che apprezzo, sopratutto in vista di una vacanza speciale o di un momento particolare dell’anno, come può essere Natale… O l’arrivo dell’autunno.

Ah, l’autunno! La mia stagione del cuore: l’aria frizzante che pizzica le guance facendole diventare melograni, le tazze di the fumanti e profumate e i biscotti alla cannella da inzupparci, le zucche e le mele, le foglie che scricchiolano e la voglia di accoccolarsi sul divano nascondendo il naso proprio lì, nell’incavo della clavicola di chi amiamo (o tra il pelo morbido del cane).

La mia playlist per l’autunno perfetta deve includere, prima di tutto, un buon mix di testi in lingua inglese e in italiano, e accompagnare canzoni spudoratamente tristi e strappalacrime ad altre più allegre, ma sempre venate da una punta di malinconia.
I ritmi possono farsi a tratti incalzanti ma, di base, in questa stagione dell’anno ho un debole spudorato per le musiche rilassanti.

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Appunti di vita: ogni volta che mi accade di essere felice

Se avessi una moneta per ogni volta che ho dimenticato un coriandolo di felicità vissuta, probabilmente adesso non sarei comunque ricca, ma potrei permettermi un breve viaggio a Londra, per mangiare di nuovo gli squisiti noodles di Camden Town prima che Brexit renda potenzialmente tutto più complicato. Ah, e Fish&Chips. Non si può andare a Londra e non abbuffarsi di Fish&Chips.

Così ho pensato che in effetti potrei scriverne, di ogni volta che mi accade di essere felice, anche solo per il tempo di un baluginio negli occhi, per fissarlo nella mente a colpi di loctite (e di tastiera).
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Raccolta mele fai da te: una bella idea per una mattina d’autunno

Saranno i colori avvolgenti, sarà la temperatura finalmente piacevole, oppure il profumo dolce dei frutti autunnali: qualunque sia la causa, tra settembre e ottobre mi ritrovo puntualmente a sognare di attività agresti nella natura.

La raccolta delle mele rientra a tutti gli effetti tra quelle che preferisco. Continua a leggere Raccolta mele fai da te: una bella idea per una mattina d’autunno

Di infanzia, di adulti e di curiosità

All’essere adulti servirebbe una buona dose d’infanzia per non perdere la curiosità.
E io, che della mia vita fino ad ora non ci ho capito un mazzo, mi ritrovo ogni giorno più curiosa verso un mondo che avevo chiuso fuori dalla porta.

Mi è servito tornare a lavorare per tornare in me. Non sto dicendo che il lavoro fuori casa sia la soluzione ideale per ritrovarsi, ma certamente è stato per me una buona medicina.
Ero arrivata al punto di non aprire più i giornali, non guardare la TV (cosa che comunque continuo a fare con riserva, per scelta ponderata), non ascoltare più la radio. Vivevo in una bolla, chiusa al mondo e indifferente, bagnandomi le labbra con poche stille d’informazione e disinformazione.
Non volevo sapere delle brutture della vita, non mi interessavo ai dibattiti, ero arrivata a non leggere quasi più: chiaro che, a un certo punto, questo muro mi ha fatto più orrore dell’orrore che temevo di trovarne al di là, nell’universo oltre la muraglia – che comunque era l’universo vero.

Ho iniziato a sentirmi vuota e, lasciatemelo dire, pure un poco istupidita. E nonostante la difesa tout-court dell’ignoranza (finanche la sua assunzione a valore) si stia imponendo come valore dominante, ecco, io nell’ignoranza (dal verbo ignorare, ricordiamolo sempre) non ci sguazzavo bene. Io avevo sete di sapere, di conoscere: la curiosità batteva in petto più forte anche del cuore.
Mi sono rattristata, non ricordavo più come fare per uscire da questa spirale. Vi sembra stupido? Anche a me. Eppure, fuori allenamento com’ero, distinguere il vero dal falso mi pareva un ostacolo tutt’altro che secondario.

Tornare nel mondo esterno e adulto, vivere la quotidianità fuori di casa, mi ha aiutato a coltivare la curiosità, nel bene e nel male; ora sono un po’ più arrabbiata di prima, ma molto più consapevole.
E cerco di coltivare questa curiosità buona come fosse un piccolo fiore. Anzi, diciamo che la ascolto come un canto e da lei mi lascio guidare, che i fiori che m’incrociano sono destinati a morte certa ‘ché il mio pollice più che verde è nero come la pece.
Man mano che il mio bambino cresce, mi rendo conto che questa curiosità buona – e non voglio dimenticare quest’aggettivo, fondamentale per scremare il fare gossip dalla voglia di capire il modo – è proprio la stessa che muove ogni sua domanda, ogni suo passo dentro al mondo.

Che splendida cosa, la curiosità (buona)!

È in tutti quei perché a cui rispondiamo – o davanti ai quali non sappiamo cosa dire.
È nell’amore per le storie e nello sguardo fisso sui documentari (al momento solo di animali).
È nel “mamma cucino con te, così mi fai vedere!” – non è sessismo, ma se lasciassi la cucina in mano a mio marito mangeremmo tutti i giorni pasta al tonno, suo eccelso e unico cavallo di battaglia.

E quando inizi a sfamarti, scopri mano a mano che hai sempre più fame. E vuoi sempre di più, e non ti accontenti mai.
Capisci che in fondo non sai niente (Jon Snow, aggiungeremmo noi fanatici di GOT), ma va bene così: è un motivo in più per far crescere la tua curiosità.
E ti trovi dentro a un cul-de-sac che però non è poi così male, perché serve a farti diventare grande anche quando adulto lo sei già.
E come sempre, ti trovi a pensare che i “grandi” più liberi sono quelli che restano dentro un po’ bambini.

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